La storia privilegia alcuni luoghi. Può essere che se ne dimentichi per molto tempo, ma prima o poi li rivuole nuovamente protagonisti delle sue complesse e spesso drammatiche evoluzioni. Così è stato, ad esempio, per Gori, la quieta cittadina della Georgia situata a ottanta chilometri a ovest di Tbilisi. Visitiamola insieme…

Gori conta 49.500 abitanti ed è posta nella Georgia occidentale a metà strada tra Tbilisi e il Mar Nero. La città è la capitale della regione del Shida Kartli che a nord confina con lo stato de facto dell’Ossezia del Sud. Il suo nome deriva da gora che, in georgiano, significa semplicemente collina.
A Gori, il viaggiatore viene esclusivamente per visitare il museo dedicato a Ioseb Besarionis Jughashvili, meglio conosciuto come Josif Stalin che qui nacque il 18 dicembre 1878. Per questa ragione, l’autista del maršrutka (l’autobus collettivo che collega tute le principali località georgiane) non dovrà essere informato sulle intenzioni dello straniero: se ha dei turisti a bordo, fermerà direttamente di fronte al museo.
So che dopo la mia morte sulla mia tomba sarà deposta molta immondizia. Ma il vento della storia la disperderà senza pietà.
Josif Stalin

La visita al museo e casa natia di Josif Stalin
Prima di effettuare la visita al museo dedicato a Josif Stalin bisogna prendere atto di alcune complicate questioni che finiscono inevitabilmente per far discutere tra di loro i pochi visitatori che lo raggiungono. Questo perché è molto probabile che all’uscita, qualche turista basito vi chiederà cosa ne pensate dell’esposizione cercando conforto nel vostro scetticismo, se non nella vostra disapprovazione.
Nel museo di Gori, infatti, Stalin viene letteralmente celebrato. Nelle diverse stanze del palazzo che ospitano fotografie, documenti e oggetti di varia natura, viene tracciata la biografia di quello che potrebbe apparire come un grande e ammirevole statista.
Per non confondere il visitatore con troppo complicate questioni, infatti, nel museo di Gori si espone solo il “lato buono” del trentennio di esercizio del potere assoluto da parte del famigerato leader d’acciaio.



All’uscita, con i vostri occasionali interlocutori potrete certamente discutere di quanto è complicato avere come personaggio nazionale più noto, un dittatore sanguinario. Si, perché i georgiani famosi nel mondo sono pochi, anzi, pochissimi e i più non ne conoscono alcuno, escludendo, ovviamente, Stalin. Complicazione che aumenta anche per il fatto che non ci sono i fondi per ristrutturare il museo nella sua presentazione e nei suoi contenuti e, molto probabilmente, non ci saranno risorse ancora per molto tempo. Per questa ragione, i contenuti, qualsiasi essi siano, sono e resteranno tali.
Si fosse trattato di un altro personaggio storico, si potrebbe chiedere un aiuto all’Europa o all’America. La prima, in particolare, ha già finanziato molte ristrutturazioni di edifici storici e religiosi dimostrando, Italia compresa, una generosa vicinanza al popolo georgiano e alla sua antica cultura. Avanzare una richiesta di fondi per parlare di Stalin, tuttavia, farebbe più pensare male che ottenere soddisfazione…
Poco tempo fa, nel 2010, nella piazza davanti al municipio di Gori, Piazza Stalin, è stata rimossa la statua del dittatore georgiano che era posta proprio al suo centro. Non c’è alcun dubbio, quindi, su come la pensano i georgiani.



Usciti dal palazzo, nel piazzale circostante, si trovano nell’ordine: il vagone che trasportò Stalin alla conferenza di Teheran e a quella di Yalta per i celebri “colloqui” e la casa natia del dittatore, riprodotta esattamente lì dove sorgeva. Quest’ultima è “protetta” da un padiglione in stile monumentale che presenta i classici elementi scenografici dell’architettura sovietica.
Al momento della nostra visita, un giornalista inglese, che per la verità era a Gori per seguire la partita di calcio della locale Dila Gori e per scrivere di questa, ci ha fermati per scambiare due chiacchiere e per raccogliere il nostro sdegno su quanto esposto. Lo abbiamo accontentato, ma solo perché era stanco e provato dal viaggio in maršrutka, altrimenti, anche con lui avremmo discusso su quanto è complicato aver a che fare con Satlin, nel 2015 e senza fondi per inventarsi qualcosa d’altro…
C’è un’altro intrigante tema relativo al rapporto tra Stalin e la Georgia. Stalin ripudiò le proprie origini e lo fece al punto che rinunciò persino a partecipare al funerale della madre. La sua assenza fu determinata dalla esplicita decisione del dittatore di recidere ogni rapporto con la terra natia. Stalin, infatti, finì per odiare la Georgia e i georgiani come alcune sue celebri citazioni possono testimoniare.
“Gallinacci! Razza di somari! Che sta succedendo qua?”, avrebbe urlato Stalin a un gruppo di bolscevichi dopo la conquista della Georgia, ” dovete passarci un ferro rovente su ‘sta terra Georgiana! […] Impalateli! Fateli a pezzi”
Citazione tratta da Il Miraggio della Libertà (ed. Einaudi) di Charles King
Il Miraggio della Libertà di Charles King è la prima storia generale del Caucaso moderno, a partire dall’espansione imperiale russa fino alla nascita dei nuovi Stati dopo il collasso dell’Unione Sovietica. Il volume evidenzia come la lotta per la libertà sia il tema dominante degli ultimi duecento anni della regione, una lotta che ha portato alla liberazione, ma anche a nuove forme di asservimento. Territorio di grande importanza strategica, il Caucaso è stato da sempre al centro di macchinazioni sotterranee e azzardi affaristici e, nei secoli, ambito dai tre imperi euroasiatici intenzionati a inglobarlo nella propria zona d’influenza; del resto, già gli scrittori russi, da Puskin a Tolstoj, nel descrivere la nobiltà d’animo e la fierezza delle tribù degli altipiani criticarono la guerra sempre più spietata condotta dai loro governi contro queste popolazioni …
Gori 2008, la storia ritorna
Nel 2008, mentre Gori sonnecchiava sulla sua fama di città natia dell’uomo d’acciaio, suo malgrado, diventò uno dei centri più caldi del conflitto russo-giorgiano che ha avuto come conseguenza l’indipendenza de facto delle due regioni dell’Ossezia del Sud e dell’Abkhazia. Si trattò di un conflitto che qui da noi non è stato compreso nelle sue complicate ragioni, dinamiche e sopratutto premesse geopolitiche. Più che altro sembrò accadere all’improvviso, mentre gli occhi del mondo erano, invece, puntati sulle Olimpiadi di Pechino e, per inerzia, sulla causa tibetana.


Il 9 agosto 2008 Gori venne bombardata dai russi e poi nuovamente il 12 agosto. Il giorno successivo, Gori venne occupata dall’Armata Rossa, la stessa armata che, per ironia della sorte, nel fatiscente museo cittadino viene ancora oggi magnificata per la sua strenua lotta contro l’aggressore nazista.
L’occupazione cessò dieci giorni dopo, il 22 agosto. Nel frattempo l’80% della popolazione di Gori, circa 40.000 persone, evacuarono la città, mentre, chi vi rimase subì l’aggressione e le razzie delle milizie ossetine. Non conosco l’esatto numero dei caduti, salvo quello dei 37 civili che morirono durante gli attacchi aerei. Morì anche un giornalista olandese colpito da una cluster-bomb insieme a altri dodici civili. Furono colpiti proprio nella centrale Piazza Stalin, a due passi dal museo del dittatore sovietico.
Gori era un centro militare strategico e un importante snodo stradale e ferroviario, per questa ragione fu presa di mira. La cittadina, inoltre, si trova a soli venti chilometri da Tskhinvali che è de facto la capitale osseta. Qualche chilometro più in là e si entra in un altro stato anche se, ai georgiani, l’ingresso non è consentito.
Da quanto leggo, durante il conflitto, a Gori, non vi furono dei veri e propri combattimenti, l’esercito georgiano prima si ammassò nella cittadina, poi all’avanzare dell’Armata Rossa si spostò a Mtskheta, cinquanta chilometri più a est, verso Tbilisi. Quindi vi rientrò dopo la ritirata dei russi e con il principale compito di regolare il ritorno delle decine di migliaia di profughi. Oggi Gori accoglie moltissimi rifugiati georgiani epurati dalla Ossezia del Sud.
Girovagando per la città abbiamo verificato e con un certo sollievo che la ricostruzione è già avvenuta e che si può respirare una certa normalità. Normalità rappresentata da un vivace mercato e da un intenso via vai nell’area della stazione degli autobus che in Georgia rappresentano il mezzo di trasporto più utilizzato. I palazzi, almeno, quelli che abbiamo potuto vedere, sono stati restaurati. Parlando con un georgiano, abbiamo scoperto che molto è stato fatto grazie anche e sopratutto agli aiuti italiani e questo ci inorgoglisce.
Rientrando a Tbilisi, pensiamo che visitare il museo di Stalin, fare qualche acquisto al mercato e viaggiare con i maršrutka guidati da autisti locali, è stato certamente un’ottimo modo per sostenere la debole economia di questa località. Abbiamo comprato, tra l’altro, un magnetino di Stalin, giustificando anche questo controverso acquisto con tale intenzione.
Ci sono tre modi per raggiungere Gori da Tbilisi. In treno, utilizzando i taxi collettivi che qui in Georgia si chiamano maršrutka, oppure riservando un taxi tutto per voi. Il treno lo sconsigliamo perché è tanto un’impresa capire quando parte, tanto è lento nel compiere tragitti anche così modesti. Sappiate in caso che la linea è quella per Borjomi. Un taxi privato è sempre un’ottima soluzione, anche perchè potreste chiedere di effettuare per voi un tour che potrebbe comprendere il tempio di Jvari, Mtsketa, Gori e la vicina Uplistsikhe, più o meno tutte mete lungo la stessa strada. Il prezzo per tutto il tour, comprese le soste, potrebbe essere intorno ai 120/150 lar (40/50 euro). La soluzione ottimale, in ogni caso, è il maršrutka. Per Gori, i maršrutka partono dalla stazione degli autobus di Didube. Questa stazione è collegata con la rete della metropolitana della capitale (fermata Didube).

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